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Intervista a Giovanni Darconza

Qual è la situazione della poesia nel suo Paese?

Ho l’impressione che in Italia la poesia sia appannaggio di una selezionata minoranza, sia di scrittori che di lettori. Vi sono poeti degni di rilievo, ma spesso la loro fama è circoscritta all’interno degli angusti ambiti nazionali. La poesia non riesce ad essere fenomeno “di massa” in grado di coinvolgere un vasto pubblico. Qualcuno potrà dire che è la normalità, e che la situazione italiana non differisce da quella di altri paesi europei. Ma è anche vero che esistono realtà lontane da quella europea dove la parola poetica conserva ancora un fascino e una magia capaci di coinvolgere numerosi appassionati. Mi riferisco al caso dell’America Latina, che per ragioni di lavoro (sono anche traduttore all’italiano di poeti latinoamericani del Novecento) è la realtà che meglio conosco. Ho assistito a letture in presenza di centinaia di ascoltatori, di tutte le età ed estrazione sociale. Ho appreso che nelle periferie più disagiate di alcune grandi metropoli si tengono laboratori di poesia e di scrittura creativa per aiutare i ragazzi ad uscire da realtà squallide caratterizzate da miseria, violenza e narcotraffico. Per queste popolazioni la figura del poeta non è marginale, bensì viva e determinante, dal momento che la poesia conserva ancora un’importante funzione sociale. Vi è ancora la convinzione che si possa cambiare attivamente la realtà attraverso la parola. Da noi invece vige il pregiudizio che la poesia sia qualcosa di accessorio, inutile e improduttivo. E in una società improntata sul materialismo e il consumismo, se non si vede l’utilità di qualcosa, essa viene abbandonata per altre attività più pratiche. Il mio discorso naturalmente non vale solo per la poesia, ma si estende a tutte le attività umanistiche. Ed è un concetto pericoloso, ancor più se pensiamo che l’Italia è il paese di Dante, Petrarca e Leopardi. Credo che invece di rinchiudersi in se stessa, la poesia italiana dovrebbe aprirsi maggiormente ad altre culture e lingue. La soluzione a questo problema esiste: favorire la creazione e la diffusione di riviste poetiche (anche digitali) e ampliare il numero di eventi e manifestazioni internazionali, attraverso i Festival di poesia. Ma per fare questo c’è bisogno di finanziamenti privati o statali, e purtroppo la società italiana, al di fuori di due o tre autori di best seller (e tra essi non credo che figurino dei poeti) non sembra interessata a favorire la diffusione della propria cultura.

Pensa che la poesia sia uno strumento per avvicinare culture e religioni diverse?

Sono dell’avviso che la poesia, qualunque sia il suo messaggio o la lingua in cui è scritta, sia sempre un atto di pace e tolleranza. La poesia, diceva Neruda, nasce dalla pace come il pane nasce dalla farina. C’è un bel aneddoto messicano che esemplifica molto bene lo stretto rapporto che esiste tra pace e poesia. Nel 1490 Tecayehuatzin, Signore di Huejotzinco, convocò una riunione di tutti i saggi del mondo nahuatl, a seguito di un massacro di 80’000 (non è un errore, proprio ottantamila!) persone sacrificate anni prima per celebrare l’inaugurazione del Tempio Maggiore del complesso di Tenochtitlan (su cui sarebbe poi sorta l’odierna Città del Messico). La ragione dell’incontro era rispondere a un quesito fondamentale: che cosa c’è di veramente importante sulla terra? I saggi riuniti in quell’occasione giunsero alla conclusione che, al di sopra di ogni piacere, ricchezza o potere, la poesia era l’unica cosa che valesse la pena coltivare, perché costituiva il tesoro più prezioso delle civiltà preispaniche. La poesia era l’unico scudo per resistere alla violenza e alla morte. Oggi più che mai dovremmo recuperare questo messaggio, perché la poesia, come la musica, è un fenomeno universale, ben al di sopra delle differenze di razza, religione e cultura.

Il linguaggio oggi si è impoverito: la poesia può ridare valore alla parola?

Qualcuno ha detto che nel mondo moderno si è rotto il patto tra mondo e parola, per cui spesso le parole più che a illuminare servono a ingannare e a confondere. Ma è probabile che la parola pura, se mai c’è stata, sia stata quella di Adamo nel Paradiso Terrestre, quando decise di nominare tutte le cose del creato. Tuttavia Adamo è morto e morto è il suo giardino. La storia della Genesi non è solo la parabola della caduta dell’uomo dal suo stato di innocenza, ma è anche la parabola della caduta della parola dal suo stato di purezza originaria. Credo che il compito del poeta sia quello di ricercare quell’antica, mitica purezza. Il poeta deve essere un nuovo Adamo che torna a nominare le cose del creato come fosse la prima volta, ben sapendo di vivere in un mondo che non è più quello dell’Eden. La Poesia aiuta a ricercare dietro le parole il perché delle cose. La poesia non solo arricchisce interiormente, ma anche esteriormente. Per ogni parola che viene dimenticata o non viene più usata noi perdiamo un frammento di universo. Perché il linguaggio è il contatto più stretto tra il nostro io interiore e l’universo che c’è fuori. La poesia è determinante nel favorire un contatto privilegiato tra queste due realtà.

Per questo motivo amo particolarmente le metafore che si rifanno al mondo della matematica e della fisica moderna. Perché anch’esse, come la poesia, indagano sulla realtà. Queste due culture, apparentemente lontane, se si analizza bene la questione, non lo sono poi così tanto. Penso a un poeta come Sinisgalli quando paragonava la scoperta dei numeri immaginari nella matematica con la poesia. Così come l’operatore immaginario “i” (puro ente di “finzione” della matematica, ma con conseguenze reali notevoli anche nel campo della fisica) dava un senso, un’inclinazione al numero che di per sé è inerte e orizzontale, traducendolo in una forza, allo stesso modo le parole per formare un verso devono avere una particolare “inclinazione”. In altre parole l’operatore immaginario diventa una metafora perfetta per indicare l’alterazione provocata dal linguaggio sulla realtà, il rapporto tra “cosa” e “immagine”. Anche Calvino sosteneva che la letteratura che si nutre delle scoperte della scienza, si arricchisce di un patrimonio di metafore che permettono di accostarci al reale.

La poesia nel mondo dei giovani: quale futuro?

Il linguaggio trova oggi nei social media e nei mezzi di comunicazione di massa tanto amati dai giovani un grande rischio e pericolo: quello di impoverirsi e di farsi stereotipato e ripetitivo. Non sono contro le nuove tecnologie, ben inteso (non so se riuscirei a fare a meno del computer). Ho solo parlato di rischio. Il fatto è che le nuove generazioni sembrano fare uso sempre più della valuta corrente, la moneta dell’effimero. La poesia si muove su un terreno opposto. Cerca, in mezzo all’effimero, ciò che non è effimero per dargli spazio e farlo durare. Per questo credo che le nuove generazioni debbano accostarsi alla poesia senza timori reverenziali e senza pregiudizi. Ho assistito a Festival di poesia in America Latina e mi sono reso conto del grande valore della Poesia presso i giovani in quelle terre. In Italia, l’impressione è che in generale la poesia non venga letta dai giovani, perché considerata difficile o inutile. Questo dipende, secondo me, dall’educazione ricevuta a scuola. Sono dell’avviso che si debba insegnare a leggere la poesia fin dalle elementari, plasmare le menti giovani a cogliere la bellezza di un verso, la sonorità di una parola, l’eleganza di una metafora. Leggere una poesia non è farne una parafrasi per capire il significato. Talvolta è preferibile non spiegare il significato (se mai ne esiste uno univoco: le poesie migliori sono ambigue e polisemiche) e lasciarsi trasportare dai suoni e dalle immagini che una poesia evoca. Per questo motivo non considero eccessivo far leggere poesie di Montale, Neruda, Ungaretti, Dickinson già nella scuola primaria. Per cui sono convinto che il risveglio dell’interesse della poesia nei giovani sia in gran parte nelle mani di insegnanti e docenti.

Per quanto riguarda il dilemma sulla presunta “utilità” della poesia, credo che sovente il vivere quotidiano arrivi a occupare inesorabilmente i nostri pensieri, al punto che molte cose importanti del vissuto si eclissano dalla nostra coscienza. Tuttavia vi sono esperienze che, per quanto tempo possa passare e per quante cose possano accadere, non riusciamo mai a dimenticare del tutto. Questi eventi rimangono impressi dentro di noi come “pietre miliari” della nostra traiettoria vitale. La poesia implica il recupero di questi momenti fondamentali dell’esistenza nella costruzione e nella crescita dell’io. Sono dell’avviso che una delle ragioni principali della poesia sia quella di conferire a certi ricordi un significato speciale, che magari era assente nel momento in cui gli eventi si sono verificati. Il significato di tali momenti non avviene immediatamente, ma in un secondo tempo, quando grazie alla memoria si imprime sulla pagina attraverso la scrittura. Inoltre concordo con Seamus Heaney quando dice che scopo della poesia è anche di convogliare (nel poeta e nel lettore) una sensazione di ordine, di darci l’impressione che per la durata della poesia, la nostra percezione del mondo sia nell’ordine “giusto”, anche se poi il mondo dovesse seguire un corso caotico e disastroso.

La poesia sui social network: qualità o spazzatura?

Internet e i social network sono solo dei mezzi, e come tali possono rivelarsi utili o dannosi a seconda dell’uso che se ne fa. Sono dell’idea che i social media siano una risorsa da sfruttare, poiché, in una situazione editoriale moto complicata come quella attuale, possono estendere notevolmente la diffusione della poesia. Vi sono riviste digitali ormai imprescindibili, in cui quotidianamente vengono presentati autori, già affermati o ancora sconosciuti, a un pubblico di lettori sempre più vasto (penso ad esempio alla messicana Círculo de poesía). Dunque internet può essere una vetrina preziosa e insostituibile soprattutto per chi ancora deve farsi conoscere. È vero anche che c’è molta spazzatura, ma io tendo a essere ottimista e confido nelle capacità del lettore nel trovare, in mezzo alla spazzatura, anche i gioielli nascosti tra le pagine virtuali. Come per i libri, alla fine è il lettore a dover selezionare e compiere le proprie scelte, in base ai propri gusti. In tal senso internet e i social media ampliano enormemente questa possibilità di scelta.

Foto di Giovanni Darconza
Il poeta Giovanni Darconza