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IN VIAGGIO VERSO… IL MEDIO ORIENTE

Il Medio Oriente, lì dove tutto è iniziato, in una mezzaluna fertile che illumina la storia più atavica della nostra civiltà, su terre oggi completamente diverse, modificate dal tempo trascorso, calpestate dalle guerre passate, amate e odiate, ancora oggi si scrivono pagine fondamentali per la comprensione dell’epoca che stiamo vivendo. E’ notizia di pochi giorni, d’altra parte, la riapertura del fuoco tra l’Armenia e l’Azerbaijan e quando si parla di Medio Oriente non è difficile imbattersi in popoli abituati a guardarsi con ostilità. La nostra speranza, come associazione culturale, nel riunire nell’unica occasione del Festival Europa in Versi, poeti provenienti da paesi nemici, che hanno sofferto e fatto soffrire, è quella di offrire un luogo per lo sviluppo del dialogo. La comprensione reciproca nasce dalle parole, non dalle armi, la pace sorge lì dove c’è l’ascolto dell’altro, non un sordo monologo. Ma come può la poesia essere ponte d’unione tra popoli che si sono così ferocemente feriti a vicenda? Piuttosto che rispondere con ragionamenti teorici, preferiamo farlo raccontandovi una storia, anzi lasciando che vi sia raccontata. Nelle parole di Hussein Habasch, poeta del Kurdistan, che scrive in arabo e costretto all’esilio in Europa, speriamo possiate trovare il senso e lo scopo più profondo del nostro costante lavoro di mediazione culturale.

«L'esilio delle lingue: Essendo nato curdo, da genitori curdi, che conoscono il curdo solo dalle numerose lingue di Dio, volevo, proprio come tutti i bambini, giocare, studiare, imparare e scrivere le mie prime lettere nella mia lingua madre. Invece, mi sono trovato nel labirinto di un'altra lingua, una lingua in cui non distinguo una lettera da un'altra; e quella lingua è l'arabo. Qualche anno dopo, il bambino che cresceva dentro di me giorno dopo giorno si chiedeva: "Perché studi e impari questa strana lingua invece della lingua di tua madre, di tuo padre e di tuo nonno?" Il tempo e la consapevolezza darebbero una risposta schietta a questa domanda: la lingua curda era ed è ancora vietata in Siria. Fatta eccezione per il ristretto ambito della famiglia. La cultura curda è vietata e perseguitata. Scrivere in curdo è proibito poiché non ci sono scuole, istituzioni o università che lo insegnano o lo includono nel loro curriculum. Pertanto l'unica opzione che mi è stata data è stata quella di padroneggiare l'arabo e formarmi passo dopo passo studiando, leggendo e scrivendo. Questo è esattamente quello che è successo.

E ora sono qui, a scrivere le mie poesie in questa lingua straniera con una grande immaginazione e una passione comparabili solo con la passione per la poesia stessa e cercando una profondità che emula tanti compagni poeti e scrittori di questa lingua. Vorrei aggiungere in questo contesto che ho imparato a leggere e scrivere nella mia madrelingua in questo esilio, in Europa, dove mi è permesso scrivere in curdo le mie poesie, i miei testi e le mie ossessioni.

L'esilio della Patria: Un giornalista arabo mi vorrebbe chiedermi le ragioni per cui vivo in Germania. Pubblicherà l'intera intervista sulla stampa araba; eppure, la risposta a questa controversa domanda finirà per essere cancellata e non so perché. Risponderò: “Sono stato costretto a scappare da una patria chiamata Siria. A quel tempo, mi dissi: "Scappa prima di suicidarti, di impazzire, di andare in prigione, di morire di fame o il fuoco della vita e della speranza che brucia al tuo fianco si spegnerà. Lascia questa patria, che non si è trasformata in nient'altro che in un cadavere disintegrato, un cadavere che ha perso i valori di amore, libertà, bellezza o dignità umana; lascialo prima che la disperazione divori il tuo cuore e la tua anima; lascialo prima che tutti i tuoi sogni svaniscano. "Per questi motivi, mi sono ritrovato in un nuovo luogo di esilio, un esilio nel quale desidero ardentemente la mia patria. Ogni volta che ascolto le tristi notizie che riguardanti la situazione in Siria, apprezzo il mio esilio e rimango fedele ad esso. L'esilio è una condizione di vita difficile, ma vivere nella mia terra natale è ancora più difficile. La poesia addolcisce la durezza di tutto questo."

La poesia e il mondo: La poesia non può curare i dolori dell'umanità o liberare le nazioni dall'ingiustizia o dal dispotismo; non è uno dei doveri della poesia guidare rivoluzioni o realizzare giustizia e uguaglianza nel mondo. La poesia non può fermare l'umiliazione e il dolore, a cui le persone sono esposte ovunque. Tuttavia, la poesia è come un urlo di fronte a questa epidemia che si diffonde ovunque; un urlo di fronte a guerre, carceri, uccisioni, esilio e distruzione, che ricoprono tutto l'universo; un urlo che può abbracciare tutto il mondo e diffondere momenti di calore, amore e libertà attraverso le sue vene. Da subito, questo grido poetico dovrebbe essere ben scritto, con una potente immaginazione, con fascino, come miracolo, amore e follia; altrimenti, sarà un grido inutile. Il mondo della poesia ha una forma diversa dal mondo senza di essa. Se il mondo si rivestirà di poesia, risorgerà dalle ceneri alla luce, dall'ottusità alla sensibilità.»

Se nelle parole di Hussein avete colto l’importanza della poesia, non potete mancare il 9-10-11 ottobre, quando anche i poeti provenienti proprio dai Paesi del Medio Oriente saranno ospiti al nostro Festival Internazionale Europa in Versi e, una volta ancora, ci faranno viaggiare con i loro versi.  Haydar Ergulen, Metin Cengiz, Tamer Oncul, Hussein Habash, Salim Babullaoglu vi aspettano!

Qui il programma completo.

Photo by Fabien Bazanegue on Unsplash