Deborah Zingariello - Italia
Stupisce nella poesia di Deborah Zingariello l'associazione fra la fastosità barocca e a tratti arcaizzante del dettato poetico e l'insistenza espressiva del tema erotico. Ma la foresta di immagini e metafore padroneggiate con indubbia perizia si mostra come un grande artificio volto a raccontare l'ineffabile di un rapporto amoroso totalizzante. Esso si rivolge a un oggetto senza volto.
Lo spirituale, se evocabile, è chiamato a farsi verbo attraverso la carne e non viceversa. Il verbo, dunque, è la chiave che unisce gli opposti. Il detto dà sostanza al fatto e lo sublima. È la reinvenzione che accende il fuoco. É teatro con le sue molte maschere. L'insistenza sui castelli di carta delle parole che si impilano in figure sempre più ardite lasciano una sensazione di vertigine cui seguirebbe una caduta rovinosa, senza la rete di una sintassi controllatissima. E quando la felicità poetica si dichiara resta disarmata come la rimanenza di un attimo, un dolce sospiro, scrittura di amplessi ricordati o solo sognati.
NARCISA
“Compiaccia pure
questi perlacei orpelli
li accarezzi con grazia,
ingenuo il piano ai solfeggi,
li umili, li calpesti,
e mi umili, mi calpesti
e sì vessati in erotica esasperazione
(a)i riflessi
sedotti e saputi anch’essi
meri artifici,
frivoli, alla maschera costretti;
Fiera soavità felina la maschera
quale Narcisa incombenza!
Indossata con l’irosa opulenza
sicché da creato ad opale assenza.
Ovattato è ormai l’orgoglio,
circoscritto nella docilità dei miei seni.
Il suo sguardo pare in naufragante rigoglio;
narcisa, concessa, scomposta io
a lei sì piacente alla virile intesa coi tessuti,
schiavo e padrone
delle loquaci seduzioni dei fianchi
e del marchio scarlatto di femmina.
Narcisa in afrodisiaca tentazione
nella canzonata ridondanza degli ori su carne
nell’invadenza assai superba delle fragranze
per risuonar l’episteme del mio gener’ stante.
Narcisa lei mi vuole
narcisa ormai mi avrà;
obliata la lode
sepolta la turba
disincantata è la sorte
anche l’amor si masturba.”
GESTO FEBBRILE
“Gesto febbrile è l'orgasmo
se quando mi travolge vincente
penso alla chiasmica armonia,
incompiuta Bellezza
delle tue labbra, poggiate
lievemente, sulla mia vulva.
Mi inarco e mi apro
le ciglia si ricongiungono
all'umida mania di sapermi tua,
le labbra mie si fanno anime
si schiudono all'uscio della notte
tremanti ed innamorate,
in abbandonata regalità
alla supposizione di un Amore con te.
Ti aspetto in tutte le Nostre agognate disillusioni,
ti cerco in ogni lascito del silenzio,
nella solennità concessa della Luna
crescente e sí tanto ingenua la speme
ritmica Acquamarina
s'irruenta ostinata come onde,
indomabili lucciole, felici deliri;
Ti voglio atto ai miei fianchi
sete li corpi nostri all'amplesso,
sete dannata, fiati pronti al piccolo salto
e come disse
ci beviamo, bocca a bocca
imbevuti d'Amore e farsa,
sì tanto ricercata, eternità.”
FUOCO
“Penna mia, sei come il Limo.
Fecondi sensi e scompensi
avvampi gastrica rassegna.
E l’euforia (si) fa tutta steppa.
Ah, la sintassi della fiamma!
Ti tortura, ti giustifica
ti asseconda, ti mortifica
t’appaga nell’ermo destino
ma ti punisce per lavica negligenza.
Esiliata, coi miei combustibili inchiostri
azzardo l’uscio dell’acero,
cotonato di maniere,
intonacato per decoro
e subisco supplizio assai pungente,
ove indubbia è la sua falce.
Annego nella parola e nella sinapsi;
e lo sconforto (si) fa tutto luce.
Fuoco mio, sei trionfo e massacro.”
POETRY HAPPINESS
It brightens up the unfinished melody
Of assumptions and regrets
Poetry of the moment, of the soul.
Flap of fascinating rebirth.
It wanders, in the albino chiasms
and confused heavens, in the poets
to probe, that mantle
of paper is still ready to begin.
The evening seems clear
nefarious and dreadful;
now, it always subtends to the light.
It inebriates borders, disarms the scythe
slave of reason;
sweet sigh which abides in You.